ACQUARICA di Lecce
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  Introduzione  
Capitolo I Capitolo II Capitolo III
Capitolo IV Capitolo V Capitolo VI
Capitolo VII Capitolo VIII Capitolo IX
Capitolo X Capitolo XI Capitolo XII
  Ringraziamenti  

CAPITOLO XI


Acquarica negli anni '20 attraverso le testimonianze degli anziani

La seguente descrizione del paese si riferisce agli anni '20 ed è stata possibile grazie alla fattiva collaborazione di molti anziani che ringrazio sentitamente per aver messo a mia disposizione i loro ricordi.
Tra tutti, ringrazio in particolare il Sig. Giuseppe Elia che, nonostante i suoi 92 anni, è venuto con me in giro per le vie del paese, guidandomi alla ricostruzione di Acquarica nella prima metà del secolo scorso.
Giuseppe Elia o Pippi Neca, come tutto il paese affettuosamente lo chiama e come lui stesso si presenta, è un novantaduenne lucidissimo che ha sempre vissuto nel paese e tutto ricorda della vita quotidiana e delle trasformazioni avvenute nel tempo.
(...)
Iniziamo il nostro itinerario dal Largo Pozzo e dalle parole di Pippi proviamo a immaginare come si presentava all'epoca della sua prima infanzia. Era una zona quadrata, per molti periodi dell'anno coperta di acqua stagnante e di terreno melmoso dove crescevano piante tipicamente paludose come il giunco e la "serrazza".
(...)
Per indicare il Largo Pozzo, nei tempi andati, usualmente si diceva: "sutta llu puzzu"; e Pippi spiega che questa denominazione si riferiva alla presenza di un imponente pozzo monolitico di acqua potabile dove dodici persone potevano attingere l'acqua contemporaneamente. Risultava decentrato oltre la corte Mancarella, verso via Castello.
(...)
"Sulle Mazzeine" le famiglie erano numerose e c'erano molti ragazzi e ragazze. Avevano avuto in dono da un emigrante un grammofono a manovella e tutte le domeniche, si riunivano in casa dell'uno o dell'altro per ballare. Quando arrivava primavera si riunivano all'aperto.
(...)
Ci fermiamo perché Pippi vuole raccontare come all'epoca si svolgeva il lavoro: Erano tutti dediti all'agricoltura, la terra veniva coltivata con la zappa o arata con l'ausilio degli animali (asini, muli e qualche cavallo), pochi erano quelli che possedevano un traino, per cui, dovendosi recare in campagna a trasportare prodotti e mezzi dovevano farlo a piedi, in groppa all'asino sulle cui natiche venivano appoggiate le bisacce ("isazze"),che erano formate da un telo grossolano tessuto al telaio o di tela di sacco.
(...)

   





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